Intralogistica: cos’è, ottimizzazione per industria 4.0

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Per gestire una quantità sempre più elevata di dati e di merce, è necessaria una transizione all’interlogistica 4.0, questa tecnologia è in grado di garantire maggiore controllo sui flussi di dati, ottimizzando spazi, tempi e costi. Al centro di questa strategia si pone la corretta comunicazione tra uomo e macchina riguardo la gestione e la movimentazione degli ordini.

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Intralogistica – significato

L’intralogistica è l’organizzazione del flusso di informazioni e dati all’interno dei confini aziendali. È la disciplina che prende in carico i processi di logistica interna, come i flussi di movimentazione delle merci e la gestione di stock e magazzino, automatizzando i cicli operativi e consentendo una gestione efficace delle informazioni relative alla merce.

L’intralogistica ha tre aree d’azione:

  • Gestione del Magazzino nelle sue fasi di lavoro tra cui: preparazione degli ordini, scelta dell’ubicazione del prodotto, ricezione della merce e spedizione.
  • Movimentazione dei carichi all’interno del perimetro aziendale, ad esempio da un magazzino all’altro.
  • Gestione delle scorte e dei dati ovvero la registrazione, tramite software, dei movimenti delle scorte in modo da localizzarli facilmente.

La logistica esterna, invece, si occupa del viaggio di un prodotto dall’azienda alla destinazione finale. Logistica interna ed esterna sono influenzate da fattori esterni: in periodi come il Cyber Monday e il Black Friday, alle imprese che si occupano di logistica viene richiesta un’accelerazione elevata dei ritmi.

Una delle principali voci di costo per un’impresa di logistica è lo spostamento dei carichi, cosa che oggi avviene tramite moderni trasportatori e trasloelevatori, che risultano indispensabili in quelle imprese dove è previsto un ingente numero di operazioni ripetitive. Affidare all’automazione lo spostamento di pallet e carichi pesanti indirizza le energie dei lavoratori specializzati, i quali sono il vero cuore pulsante dell’azienda, verso operazioni più delicate per cui serve l’esperienza umana.

L’ambito dell’intralogistica è trasversale, e comprende:

  • Sistemi di magazzino.
  • Pacchettizzatori.
  • Macchinari.
  • Sensori.
  • Analisi dei dati.
  • Software di logistica.
  • Robotica.

Quando si tratta di un’azienda che non si occupa solo di logistica, ma anche di produzione, i magazzini sono il luogo di passaggio dei prodotti provenienti dalla fabbrica, con la garanzia che ci sia fluidità e continuità tra i vari passaggi. Quindi i sistemi di automazione intralogistica diventano fondamentali, per garantire velocità ed efficienza.

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Automazione intralogistica per industria 4.0

La complessità dei flussi tipici dell’industria 4.0 e il bisogno di una maggiore interconnessione, hanno reso necessario il passaggio a una logistica 4.0. La trasformazione digitale ha introdotto sistemi sempre più smart, che hanno radicalmente cambiato l’intralogistica, con un taglio netto dei costi e dei tempi. Il primo passo è stato la sincronizzazione di ogni operazione relativa alla produzione e allo stoccaggio. Questo processo vede coinvolti diversi attori, e quindi diversi reparti aziendali:

  • Acquisti e marketing.
  • Stoccaggio.
  • Produzione.

I flussi informativi convergono in appositi software (chiamati WMS) atti a gestire e controllare, tramite una struttura modulare, i materiali grezzi, semilavorati e i prodotti finiti. Questi sono codificati allo scopo di essere identificati correttamente. Tali software all’avanguardia:

  • Danno visibilità differenziata in base a ogni profilo.
  • Inviano warning.
  • Mettono in comunicazione i macchinari.
  • Rendono possibile la guida virtuale di un tecnico.
  • Geolocalizzano e rintracciano ogni articolo.

I software per la gestione del magazzino controllano e registrano tutti i movimenti delle merci all’interno dell’azienda, garantendone la tracciabilità durante le fasi di:

  • Ricevimento.
  • Deposito.
  • Prelievo.
  • Spedizione.

Per rendere possibile questo tracciamento sono necessari i dispositivi IoT (Internet of things) che, tramite tablet, cuffie, terminali a segnali luminosi o a radiofrequenza, danno ordini che vengono eseguiti dai dispositivi di automazione intralogistica. Il mercato offre moltissimi software con funzioni varie, ma quelle indispensabili sono tre:

  • Monitoraggio in tempo reale.
  • Controllo con gestione parametrizzata.
  • Autonomia e personalizzazione.

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Intralogistica – vantaggi

L’intralogistica permette la movimentazione di materiali e merci con elevata precisione e rapidità tramite tre importanti tecnologie, che permettono un’alta flessibilità utile per adattarsi al mercato:

  • Business Intelligence: i cosiddetti big data consentono importanti previsioni e scenari, per poter intervenire con operazioni correttive e migliorative.
  • Automazione: il volume di costruzione dei magazzini viene sfruttato a pieno, allo scopo di moltiplicare la produttività.
  • Robotica Collaborativa: efficientamento dei processi di supply chain, delle fasi di picking e di packing.

I vantaggi immediati dell’utilizzo dell’intralogistica 4.0 sono:

  • Migliore movimentazione della merce.
  • Taglio dei costi.
  • Riduzione dello stock.
  • Servizio rapido ed efficiente.
  • Utilizzo smart della manodopera.
  • Migliore utilizzo dello spazio di stoccaggio.
  • Dinamicità della fase di preparazione degli ordini.
  • Ergonomia e sicurezza garantite dai robot collaborativi (cobot), con bracci antropomorfi e macchine imballatrici.

L’intralogistica 4.0 e i suoi processi di robotizzazione richiedono un’analisi preliminare dei flussi del magazzino e dei cicli operativi, in modo che le attività di ottimizzazione possano essere progettate correttamente.

Applicare un sistema smart di intralogistica significa recuperare terreno rispetto a quella fetta di concorrenza che continua ad utilizzare sistemi obsoleti e affidarsi a un sistema dinamico. L’intralogistica è quindi la protagonista cruciale del cambiamento richiesto alle aziende manifatturiere dal mercato globale odierno. 

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Siemens Xcelerator: una piattaforma per favorire la trasformazione digitale industriale

Siemens ha appena annunciato il lancio di Xcelerator, una piattaforma che semplifica la vita di imprenditori e aziende, proiettandoli nell’era dell’Industria 4.0.

Siemens – automazione: cos’è la piattaforma Xcelerator

Siemens Xcelerator è una rivoluzionaria digital business platform, ideata dall’azienda tedesca allo scopo di far evolvere digitalmente le aziende di qualsiasi dimensione, ma soprattutto le piccole e medie imprese.

Le realtà imprenditoriali coinvolte operano soprattutto in questi settori:

  • Trasporti.
  • Industria.
  • Infrastrutture.
  • Edifici.

Ogni impresa o start up può trasformarsi, tramite questa tecnologia straordinaria, in una moderna azienda data-driven, in una digital enterprise. Si tratta di un’innovazione adeguata all’attuale contesto geopolitico ed economico e alla sua complessità, e che ben si sposa alle tematiche odierne: cambiamento climatico, antropizzazione, invecchiamento della popolazione, pandemie, tensioni politiche. Un contesto così complesso richiede un’industria che voglia far parte del cambiamento.

La piattaforma comprende:

  • Un portfolio di prodotti, completo di software, hardware e servizi digitali.
  • Un ecosistema di partner.
  • Un marketplace, per facilitare le transazioni tra operatori.

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Siemens Xcelerator: il software per gli sviluppatori

Siemens Xcelerator, dal punto di vista hardware e software, si avvale dell’integrazione con tecnologie all’avanguardia. Un elemento centrale del portfolio Siemens Xcelerator for Buildings è Building X: una suite modulare e basata sul cloud, che utilizza l’intelligenza artificiale e garantisce la cybersecurity. Questo software è progettata per la gestione degli edifici smart e per facilitare la digitalizzazione aziendale, nonchè supportarle nell’arrivare a realizzare le varie tappe legate alla sostenibilità. La piattaforma si potrà avvalere di Brightly Software, acquisita da Siemens, per quel che concerne lo sviluppo di software che si occupano di asset e manutenzione.

Un’altra preziosa partnership è quella con Nvidia, che genererà Nvidia Omniverse: una piattaforma digitale aperta, per la progettazione 3D. Grazie all’uso della tecnologia Digital Twin, potrà essere creato un metaverso industriale che, avvalendosi dell’intelligenza artificiale, snellirà i tempi per le decisioni, portando il settore industriale verso l’Industrial Metaverse.

Il Metaverso Industriale è il luogo virtuale in cui le persone possono interagire per progettare insieme anche se a centinaia di chilometri di distanza: ci si potrà infatti collegare alla Digital Native Plant da qualsiasi punto del pianeta ci si trovi, poiché la tecnologia “Digital Twin” consente di dare vita a un gemello digitale fotorealistico. Quindi sarà possibile, ad esempio, visualizzare una planimetria e simulare manutenzioni o interventi edilizi. Tutto ciò genera risparmi energetici, economici e di tempo, limitando al massimo l’impatto ambientale legato agli spostamenti.

“Combinando il mondo reale e quello digitale attraverso le tecnologie IT e OT, mettiamo i clienti e i partner in condizione di aumentare la produttività, la competitività e la scalabilità delle innovazioni”, dichiara Roland Busch, presidente e AD della Siemens.

Il lancio di Xcelerator genererà un profondo cambiamento in Siemens, che ha intenzione di rendere il suo portafoglio hardware e software modulare e customizzato, connesso al cloud, costruito su interfacce di programmazione simile alle applicazioni API standard. Siemens promette, per la piattaforma Xcelerator, semplicità di implementazione. La piattaforma è pensata come “cloud connected” per avere massima compatibilità con qualsiasi app.

Grazie ai principi solidi di governance sia tecnica, che commerciale saranno garantiti standard elevati e qualità e valore per tutti gli operatori. Questo cambiamento verrà incontro alle esigenze di clienti nuovi, in particolare le PMI, e di clienti storici. Il lancio della piattaforma comprende gli obiettivi di crescita per il business digitale annunciati durante l’ultimo Capital Market Day, che prevedono una crescita annuale del dieci per cento, nell’arco del ciclo aziendale.

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Siemens Xcelerator: industrie ed edifici verso l’industria 4.0

Siemens Xcelerator, facilitando le interazioni tra sviluppatori, clienti e partner, dona valore ai professionisti che vi partecipano e ogni parte coinvolta avrà a sua disposizione un servizio flessibile, inter-operabile e che lavora con standard elevati. Xcelerator segue la filosofia che mette al centro della digital trasformation, la cooperazione tra attori del mercato. Due potenti strumenti sono Building X e Industrial Operations X.

Building X sarà la nuova suite per edifici smart a favore del raggiungimento dell’obiettivo emissioni zero e sostenibilità, supportando la gestione della sicurezza, della manutenzione e della gestione dell’energia negli edifici, ed eliminando le complessità che allontanano il settore edilizio dall’ecosostenibilità e dalla digitalizzazione.

Industrial Operations X offre invece soluzioni IoT (l’Internet delle cose di Siemens e di terze parti certificate) per l’industria, dall’edge computing al cloud, oltre che una vasta gamma di applicazioni pronte all’utilizzo. Si tratta di una suite end-to-end di dati ed analisi che pone fine allo scomodo utilizzo dei “silos di dati”.

L’utilizzo della piattaforma aziendale rende la transizione all’Industria 4.0:

  • Scalabile.
  • Veloce.
  • Semplice.

Industrial Operations X integra i dati dell’automazione reale col mondo digitale, consentendo:

  • Migliori performance.
  • Produttività.
  • Flessibilità.
  • Sostenibilità.
  • Interoperabilità.
  • IoT as-a-service.

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Motion controller: cosa sono e come vengono integrati nei sistemi di automazione industriale

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Motion controller – cosa è

Il motion controller (in italiano, controllore di moto) è un dispositivo atto a monitorare la modalità di funzionamento del motore, a cui comunica come effettuare correttamente le operazioni da svolgere, in base al lavoro da portare a termine.

Affinché esso possa correggere gli errori di velocità o di posizione, nel motion controller sono memorizzate:

  • Le operazioni target.
  • I profili di movimento.
  • Le traiettorie necessarie per eseguire i comandi.

Il motion controller è quindi la mente del Motion Control (o movimentazione di precisione), ovvero dell’insieme dei dispositivi che governano apparecchi meccanici che compiono movimenti automatizzati. Ci sono Motion Control più semplici (che disciplinano semplicemente le opzioni on e off), e Motion Control più complessi, che monitorano una sequenza di eventi, la velocità o l’accelerazione, lo spostamento di carichi.

Il Motion Control è una tecnologia applicata prevalentemente a linee di lavorazione automatizzate, programmate, cadenzate, come ad esempio:

  • Macchine per l’imballaggio.
  • Macchine atte a fare controllo numerico.
  • Robot.

Si tratta di macchine che compiono diverse operazioni su un prodotto, lavorandolo, tagliandolo e impacchettandolo, tramite braccia meccaniche. Queste compiono movimenti calcolati e precedentemente progettati, che hanno bisogno di una precisa sincronizzazione, possibile solo applicando un approccio meccatronico.

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Motion controller – come funziona

Il motion controller si basa sui feedback ricevuti per verificare se sono necessarie operazioni di correzione della posizione, controllando se c’è una differenza tra la posizione progettata, inviata tramite un input, e la posizione effettiva.

Le traiettorie vengono generate tramite i profili di movimento, composti da sequenze di comandi relativi a posizioni che cambiano nel tempo, in modo da programmare movimenti e velocità. I profili del moto sono molto diversi e vanno dai più semplici (triangolari, trapezoidali, a rampa), a quelli estremamente complessi. Il controller monitora gli errori e invia i comandi corretti.

Essendo spesso elevato il volume dei dati da elaborare, il motion controller si avvale dell’aiuto del DSP, il processore di segnale digitale o “digital signal processor”, che aiuta a processare velocemente operazioni matematiche e gestire quindi al meglio l’algoritmo. I controllori di moto hanno anche dei dispositivi di sicurezza per evitare guasti, blocchi e sovraccarichi.

Tramite algoritmi complessi, i controllori di movimento generano delle PWM, forme d’onda modulate a larghezza d’impulso. Ricevendo informazioni di retroazione che provengono dagli anelli di asservimento, essi utilizzano queste informazioni per assicurarsi che il motore si comporti in modo da rispettare rigorosamente i comandi provenienti dal microprocessore. Questi sofisticati strumenti vengono programmati in vari linguaggi informatici: i più comuni sono Basic, VB, C+ o C++, e linguaggi specifici del settore.

I controller lavorano in tandem con gli azionamenti, che si occupano invece di monitorare la corrente e la tensione. A volte azionamenti e controller si trovano fisicamente nello stesso luogo mentre, nelle soluzioni decentralizzate, i motion controller si trovano negli armadi e gli azionamenti si trovano in prossimità dei motori.

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Sistema integrato di controllo del movimento – tipologie

Il mercato propone tipi molto diversi di controller, di diverse fasce di prezzo e dimensioni. Le tipologie principali sono tre:

  • Autonomi (Stand Alone): sono sistemi compatti che hanno al loro interno l’elettronica, l’alimentazione e le connessioni esterne. Di solito sono integrati in una macchina e dedicati ad un’azione di motion control ad uno o più assi (lineari e/o rotativi).
  • PC Based: sono montati sulla scheda madre di un pc personale o industriale. L’interfaccia utente è intuitiva e ciò semplifica la regolazione e la programmazione.
  • MCU singoli: i Microcontroller Unit sono dispositivi integrati su circuiti elettronici singoli che monitorano solo un motore. Sono abbastanza economici, ma richiedono capacità di programmazione e configurazione avanzate.

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Motion controller e PLC: differenze

I Programmable Logic Controller PLC sono controller programmabili che gestiscono un’applicazione specifica su un processo o una macchina. Sono usati in ambienti industriali, in particolare nel settore dell’automazione allo scopo di monitorare le linee di montaggio, i macchinari e gli impianti delle fabbriche.

Applicano una memoria programmabile, che controlla apparecchiature e processi tramite sistemi input e output (analogici o digitali), memorizzando prima, e utilizzando, poi varie informazioni:

  • Controllo sequenziale.
  • Informazioni logiche.
  • Conteggio.
  • Temporizzazione.

I PLC sono composti da processore, moduli I/O per l’elaborazione dei segnali di input alla CPU e di output ai dispositivi da controllare (costituiti da motori, valvole, attuatori, sensori) e da un’interfaccia per l’utente: una tastiera o uno schermo touch, quando la gestione non è prevista tramite un personal computer.

Il tempo di scansione dal momento in cui i dati in entrata vengono elaborati e quello in cui vengono rilasciati dopo la lavorazione, può variare notevolmente: da pochi millisecondi a molto di più, ma non è detto che la lentezza sia un problema: dipende dalle esigenze prestazionali del settore di applicazione.

Le caratteristiche principali del PLC sono:

  • Programmazione veloce: è basata su relè che monitorano i diagrammi ladder e istruzioni di comando, consentendo una programmazione agile e user friendly.
  • Flessibilità di configurazione: avendo il PLC una struttura modulare, la configurazione consiste in una combinazione delle opzioni.
  • Affidabilità: soprattutto per i PLC che utilizzano microcomputer a chip singolo, il livello di integrazione è ad alta prestazione e permette sofisticate autodiagnosi, rendendo il sistema estremamente affidabile.
  • Facilità di installazione: non è richiesta una sala macchina dedicata, o precauzioni di schermature.
  • Velocità di funzionamento grazie all’uso del microprocessore.

Essendoci quindi più opzioni nella scelta di un sistema integrato di controllo del movimento, vediamo qual è la differenza tra PLC e Motion Controller.

Le funzioni del controller di movimento sono:

  • Un hardware semplice.
  • Un software ricco e complesso.
  • Codice con alta portabilità.
  • Possibilità di sviluppo da parte degli ingegneri.

Il monitoraggio del movimento di un motore o di un servomotore può essere fatto da un sistema PLC o da un motion controller. I PLC hanno un’elevata flessibilità e versatilità, ma per risultati altamente performanti richiedono costi elevati.
I motion controller, invece, hanno funzioni universali e a carico dell’utente c’è solo la configurazione tramite blocchi, con grande risparmio di tempi e costi. Il motion controller può essere considerato un tipo particolare di PLC, dedicato esclusivamente al controllo del movimento.

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Nuovo paradigma nell’automazione: come cambia il rapporto tra control room e servitizzazione

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OEM – significato

La sigla OEM significa Original Equipment Manufacturer e indica un’azienda che vende i suoi prodotti ad un’altra realtà aziendale affinché quest’ultima li venda col proprio marchio. I settori di maggior diffusione di questa pratica sono quello informatico e quello automobilistico.

L’azienda che acquista dei prodotti (o parti di prodotti finiti) dalle OEM viene chiamata VAR (rivenditore a valore aggiunto), perché la sua brand reputation conferisce maggior valore al prodotto.

Alcune aziende sono sia VAR che OEM, poiché:

  • Producono alcuni articoli per delle VAR che, essendo più autorevoli in quello specifico settore, li rivendono poi col proprio marchio.
  • Ricevono dalle OEM dei prodotti in modo da rivenderli col proprio nome, avendo maggiore autorevolezza rispetto a quegli specifici articoli.

In che modo la seconda azienda apporta “valore”?

  • È leader in uno specifico ambito tecnologico.
  • È leader per il design dei propri prodotti.
  • Ha una migliore brand awareness (fama del marchio).

Tendenzialmente, le OEM sono delle B2B (vendono ad altre aziende), mentre le VAR sono delle B2C (vendono ai consumatori). A volte una OEM smette di esserlo e inizia a produrre i propri articoli usando il suo brand e, ultimamente, anche le OEM hanno iniziato a vendere direttamente ai consumatori.

Gli articoli o i pezzi prodotti dalle OEM non vanno però confusi con i prodotti Aftermarket, ovvero quei prodotti “compatibili” che possono sostituirsi agli originali, ma che non sempre sono di qualità.

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Control room: come cambiano

Quando il cliente di una OEM (potrebbe essere un’azienda VAR) acquista, insieme al prodotto, i servizi di monitoraggio e di intervento da remoto si parla di servitizzazione, una nuova concezione di automazione industriale. Ciò è possibile tramite le control room, le quali consentono alle OEM di arricchire la loro offerta con funzionalità digitalmente avanzate che garantiscono risparmio energetico, guadagno ed efficienza, non fornendo più solo prodotti e macchine, ma anche un servizio associato.

Le funzioni offerte sono le seguenti:

  • Localizzazione e tracciamento delle macchine.
  • Archiviazione dei dati.
  • Accesso alla cronologia dei dati operativi registrati dalla macchina.
  • Monitoraggio della performance della macchina.
  • Notifica di allarmi, eventi e derive.
  • Diagnosi e intervento a distanza sulle macchine tramite teleassistenza e realtà aumentata.

Il modello tradizionale di assistenza senza Control Room prevede un intervento nel momento in cui si verifica un disservizio e senza strumenti di analisi in remoto, quindi con l’obbligo di uscita del personale tecnico anche per falsi allarmi e problemi banali. La presenza della Control Room permette invece alle OEM di fare manutenzione preventiva e predittiva e dare supporto ai clienti, anche a quelli che si trovano dall’altra parte del Pianeta, tramite teleassistenza (Secure Connect Advisor) e realtà aumentata (Augmented Operator Advisor).

Tramite la piattaforma in cloud che contiene le informazioni necessarie al monitoraggio raccolte in tempo reale, è possibile un’assistenza anche da remoto, attraverso la quale il cliente, guidato passo dopo passo, riesce a risolvere autonomamente i problemi più elementari e frequenti. Da una stessa control room è possibile visualizzare più macchine installate in diversi luoghi, nonchè intere flotte di macchine istallate in siti diversi.

Le control room, quindi, permettono la manutenzione preventiva e predittiva a distanza, tramite controllo e gestione basati su strumenti digitali.

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Servitizzazione – vantaggi

Control Room e strategie di servitizzazione (italianizzazione dell’inglese “servitization”) camminano in tandem per aiutare il cliente e per trasformare il costruttore in un partner strategico, rendendo le aziende sempre più efficienti. Se gli hardware, i software e i servizi digitali della Control Room tracciano e registrano i dati operativi, la servitizzazione è un processo per cui un’azienda trasforma i beni che produce in servizi da mettere a disposizione a pagamento.

I vantaggi della servitizzazione sono molteplici:

  • Fidelizzazione e vicinanza al cliente.
  • Capacità di previsione di interventi manutentivi e supporto.
  • Servizi evoluti forniti al cliente.
  • Maggiore efficienza, sostenibilità e produttività.

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Servitizzazione – esempi

Un esempio di servitizzazione si ha per esempio quando un tecnico aziendale, in loco, verifica un disservizio segnalato dagli utenti. Quindi viene guidato da un esperto in remoto, che lo segue step by step, condividendo immagini, documenti, controllando i dati e come (e se) cambiano, e suggerendo cosa fare.

In questo modo il costruttore non vende più un prodotto (una macchina) ma un servizio e il pagamento non è più “una tantum”, ma mensile o “pay per use”, comprensivo di interventi manutentivi e aggiornamenti.

Un esempio storico è quello della Rolls Royce, azienda nota per le sue macchine di lusso e che, non sono in molti a saperlo, è una delle principali produttrici di motori a turbina per aerei. Il brand ha inaugurato un nuovo modello di business chiamato “Power-by-the-Hour”, ovvero un “pay per use” a lungo termine.
Il modello prevede che la casa produttrice si occupi, per una tariffa oraria fissa per propulsore, di:

  • Installazione.
  • Controllo.
  • Manutenzione.
  • Disinstallazione.

Questo cambiamento, dalla vendita di un prodotto all’erogazione di un servizio, è stato accolto con favore dalle compagnie aeree, libere di non preoccuparsi più della gestione. Ovviamente passare dall’offrire una macchina all’offrire un servizio, richiede sistemi di monitoraggio in remoto molto complessi ed evoluti, ed è per questo che strategie di servitizzazione e control room non possono che essere legate a doppio filo.

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Edge computing vs cloud computing nell’automazione

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Le tecnologie di cloud computing e di edge computing possono rendere estremamente efficiente il funzionamento di un’azienda e consentire una gestione ottimizzata e versatile, superando i limiti della gestione centralizzata.

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Edge computing – definizione

Qual è il significato di edge computing? Letteralmente, si traduce in italiano con elaborazione al margine, ma è più chiaro parlare di decentralizzazione: si tratta di un’architettura IT che sposta l’elaborazione dati alla periferia di una rete, quindi vicino alla sede fisica dell’utente finale e/o nei pressi della sorgente dei dati.

Prima di spiegare meglio la definizione di edge computing, vediamo come l’informatica, negli ultimi anni, abbia spostato ai margini la potenza di elaborazione, in controtendenza rispetto al passato.

Storicamente, si possono individuare quattro fasi:

  • Fase 1: centralità del mainframe, quindi di un computer centrale che condivideva con dei terminali “poco smart” l’elaborazione della CPU.
  • Fase 2: diffusione dei personal computer e ritorno della centralità del singolo terminale.
  • Fase 3: cloud computing con trasferimento dell’elaborazione sul cloud, tecnologia che rende di nuovo marginali i singoli terminali e che mette al centro un nuovo elemento: la potenza e la velocità della connessione.
  • Fase 4: nascita dell’edge computing, tecnologia che pre-elabora i dati, usando la tecnologia del cloud, ma trasferendovi un set ridotto di dati per successive elaborazioni.

In un sistema di egde computing vengono distribuite, per tutta l’estensione della rete, dei micro data center che processano dati in locale e che li inviano al data center centrale quando è necessario. In questo modo, il datacenter centrale viene depotenziato dal suo ruolo, rendendo più autonomo il lavoro di raccolta e gestioni dati che avviene in locale.

Per capire meglio questo concetto possiamo pensare ad un esempio: una tecnologia di edge computing che permette ai conducenti di condividere, in tempo reale, informazioni sui tragitti da percorrere.

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Cloud computing – cos è

Qual è la definizione di cloud computing? Si tratta di una forma di terziarizzazione tecnologica avanzata, tramite il quale le aziende affidano ad un provider esterno la gestione delle loro risorse informatiche. Stipulando un contratto di outsourcing, si liberano dei costi delle licenze e della necessità di strumenti informatici, software e hardware. La formula di pagamento può essere a consumo (pay per use) o con cadenza temporale.

Il cloud computing è sempre più diffuso e sta permettendo a molte aziende di snellire la gestione interna. Questa pratica, sempre più utilizzata e condivisa, sta stimolando i provider a migliorare il servizio per rispondere a questa domanda in forte crescita che proviene dal mercato.

Vi sono diversi tipi di cloud computing:

  • Pubblici (offerto da terze parti con servizi annessi).
  • Privati (per l’utente finale).
  • Ibridi.

I cloud pubblici sono servizi di elaborazione offerti da un provider di terze parti tramite la pubblica rete internet e quindi disponibili a chi voglia comprarli, o semplicemente usufruirne, se sono a libero accesso.
I cloud privati sono ambienti cloud situati all’interno del firewall dell’utente finale. Spesso sono realizzati in data center di proprietà dei fornitori.
I cloud ibridi sono la soluzione ideale per quelle aziende che desiderano spostare in qualsiasi momento le risorse dal cloud al locale e viceversa.

Edge computing vs cloud computing: vantaggi e svantaggi

Prima di paragonare queste due tecnologie e illustrarne vantaggi e svantaggi, è necessario parlare dei limiti dellelaborazione dei dati centralizzata, la quale si dimostrava:

  • Costosa.
  • Energeticamente dispendiosa.
  • Difficile da gestire.
  • Inadatta a casi in cui vanno processate contemporaneamente e in modo prolungato, grandi quantità di dati.

Una prima soluzione a questi problemi è stato il cloud computing, che, spostando tutto sul cloud, consente i seguenti vantaggi:

  • Riduce i costi del data center
  • Concede potenza di calcolo elevata e disponibile sempre e da qualsiasi luogo.

Sono vantaggi importanti, ma non risolutivi di tutte le criticità che presentava la gestione precedente (quella centralizzata).
Ad esempio, permangono questi svantaggi:

  • Non tutti i dati e i processi sono cloudificabili.
  • Non è sempre possibile affidarsi a connessioni stabili e potenti che garantiscono flussi continui.
  • Rimane il problema della latenza.

Queste criticità portano a scelte come quelle dell’architettura basata sull’edge computing che prevede l’archiviazione e l’elaborazione dei dati in loco, risparmiando il costo di trasmissione dei dati ed eliminando i problemi legati a latenza e connessione. Per questo motivo, il settore delle telecomunicazioni è uno di quelli maggiormente adatto a questo tipo di architettura IT.

L’edge computing ha questi tre importanti vantaggi:

  • Sicurezza: in caso di episodi malevoli, gli esperti di cybersecurity possono isolare una zona della rete.
  • Velocità: i dati vengono scambiati in tempo reale.
  • Resilienza: essendo i dati disponibili sul device stesso, il rischio di down è contenuto, perché l’operatività locale non ne è compromessa.
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Automazione: meglio edge computing o cloud computing?

Risulta difficile dire oggettivamente se è più performante il cloud computing o l’edge computing: dipende molto dalle esigenze della singola azienda che sta valutando di abbandonare la gestione centrale.

In particolare, l’edge computing viene preferito al cloud computing quando si presentano situazioni in cui:

  • È importante avere una latenza molto bassa.
  • L’elaborazione deve avvenire vicina all’azione.
  • C’è scarsa o limitata connettività.
  • Ci sono importanti esigenze di storage locale.

In altri casi, è meglio scegliere la tecnologia cloud computing, poiché per un’architettura IT di edge computing sono richieste alte competenze, in quanto la richiesta computazionale necessaria ai vari livelli deve essere analizzata correttamente.

Leggi anche l’articolo: Telecamera acustica industriale: perché è uno strumento fondamentale

Telecamera acustica industriale: perché è uno strumento fondamentale

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Telecamera acustica industriale: cosa è

La telecamera acustica industriale (o sonocamera) è uno strumento tecnologico che individua la direzione di provenienza di un suono di una determinata frequenza. Si tratta di uno strumento all’avanguardia perché permette controlli che gli strumenti tradizionali non sono in grado di fare. Infatti, gli strumenti tradizionali sono meno performanti, poiché hanno:

  • Limitata sensibilità, che impedisce loro di individuare il punto preciso della perdita che genera il suono.
  • Vincoli di utilizzo, come l’esigenza di lavorare in assenza di rumori di fondo, che comporta l’obbligo di utilizzo in momenti in cui gli altri macchinari sono spenti, probabilmente in orari non lavorativi.

Ad esempio, un fonometro tradizionale registra dati monitorando la pressione sonora, quindi non può dare informazioni sulla direzione da cui proviene un suono. Di conseguenza non può localizzare in modo preciso un problema ed intervenire in modo non invasivo.

In che ambiti potrebbe essere necessaria la sonocamera? Sicuramente nei contesti in cui vengono utilizzati macchinari che lavorano ad aria compressa. Si tratta di impianti che richiedono una manutenzione costante, per evitare che si blocchino, si rallentino, subiscano danni o funzionino male. Ignorare queste perdite comporterebbe un grave spreco di energia e una perdita di circa la metà dell’efficienza.

Le sonocamere possono individuare le perdite d’aria di un macchinario in modo molto preciso. Questo non è l’unico ambito di utilizzo: l’individuazione dei ponti acustici in edilizia è un altra applicazione per cui questo strumento sta diventando fondamentale.

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Sonocamera: come funziona

Anche se ogni telecamera acustica industriale è diversa, possiamo illustrarne le fasi di utilizzo. Una sonocamera è composta da microfoni, il numero varia a seconda del modello, che realizzano una mappa acustica mostrata sul display: il grafico varia a seconda di quanto sono distanti dalla sorgente sonora e in base all’intensità della perdita.

Quindi, la mappa sonora rilevata dalla sonocamera viene trasformata in immagine, per dare all’operatore una lettura “visiva”. Inoltre, la telecamera acustica è in grado di generare dei report per chi si occuperà della manutenzione o della riparazione. La “tridimensionalità” del controllo consente di individuare il luogo preciso di provenienza della perdita, risparmiando tempo e denaro nella fase di riparazione. 

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Telecamera acustica industriale: caratteristiche principali

Le telecamere sonore funzionano bene per rilevare le frequenze alte e medioalte, ma con antenne soniche significative (diametro superiore al metro), un maggior numero di microfoni (ad esempio 128 e non 64), e telecamere non piccole, è possibile studiare frequenze basse e mediobasse.

La telecamera acustica industriale è quindi uno strumento molto preciso, performante e potente che può rilevare un fenomeno in modo molto preciso, e che quindi ha un costo maggiore rispetto agli strumenti tradizionali. Questi costi non devono spaventare, perché vengono assorbiti dall’importante risparmio in fase di bonifica e dal successivo risparmio energetico dovuto al macchinario che lavora a pieno regime.

Essendo uno strumento così importante, le aziende e le fabbriche mettono in conto il suo acquisto anche perché, in assenza di questo investimento, deve essere previsto un servizio esterno, dotato di una simile attrezzatura che impatterebbe nel bilancio in un modo ancora superiore.

Inoltre, avvalendosi di professionisti esterni, i controlli dovrebbero necessariamente essere più rari, probabilmente annuali e probabilmente insufficienti per una gestione ottimizzata. Con le telecamere acustiche, i controlli possono essere effettuati con cadenza mensile, dando la possibilità di agire prontamente quando si verifica una perdita e rimediare.
Le informazioni precise che le telecamere acustiche possono dare non giovano solo all’utilizzo nella rilevazione di perdite. Sono un potente strumento anche nell’impiego in procedimenti di “bonifica” acustica che hanno come scopo l’efficientamento energetico.

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Sonocamera: applicazioni

Prima di spiegare in quali settori sono usate le telecamere acustiche industriali, dovremmo parlare della tecnologia a monte, che richiede poi le sonocamere per i controlli, ovvero la tecnologia ad aria compressa. Infatti è difficile trovare un settore industriale che non utilizzi l’aria compressa per azionare i suoi utensili e le sue attrezzature, per via degli enormi vantaggi che questa risorsa offre. L’aria compressa non è altro che aria ad una pressione di molto superiore rispetto a quella atmosferica, ottenuta tramite strumenti chiamati compressori.

Si tratta di una risorsa facile da reperire, produrre e utilizzare sul luogo, senza intermediari e fornitori, tanto da venire chiamata “quarta risorsa”. Inoltre, è una tecnologia economica, versatile e affidabile. Per fare alcuni esempi di settori che si affidano a tecnologie “pneumatiche”, potremmo citare questi settori:

  • Alimentare.
  • Tessile.
  • Farmaceutico.

Inoltre, i sistemi ad aria compressa (e quindi, di conseguenza, le telecamere acustiche) sono molto utilizzati negli stabilimenti meccanici che si occupano di depurazione e nell’industria chimica.

Un’altra area di utilizzo delle sonocamere, che stavolta non ha a che fare con l’aria compressa, è il rilevamento di ponti acustici. Infatti, le telecamere acustiche sono abbastanza potenti e sensibili da individuare sia i ponti acustici primari, sia quelli secondari.

Quella delle sonocamere è quindi una tecnologia che può essere applicata a un portone industriale, alle fasi di collaudo di un nuovo macchinario, ma anche per una perizia per l’architettura o l’edilizia, al fine di individuare i ponti acustici di un serramento o di una parete interna prefabbricata.

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Virtual commissioning: cosa è, tecnologia, applicazioni e vantaggi

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Uno degli obiettivi principali dell’industria 4.0 è quello di proporre sistemi sempre più aggiornati in termini di ottimizzazione degli impianti e della loro flessibilità. Bisogna quindi fare i conti con l’importanza sempre maggiore rivestita dal virtual commissioning. Questo permette una simulazione degli impianti produttivi talmente accurata da prevedere in anticipo le problematiche e potenziare le funzionalità dei macchinari necessari. La linea produttiva raggiunge così la massima ottimizzazione e il cliente finale ha un controllo sempre più diretto su di essa.

Virtual commissioning: cosa è

Il virtual commissioning è un sistema che, attraverso l’utilizzo di una tecnologia tridimensionale, simula la realizzazione dell’impianto necessario al cliente finale, allo scopo di mostrare il progetto prima che venga implementato e permettendo modifiche e ottimizzazioni in tempo reale per evitare sprechi in termini economici e produttivi.

Grazie a questa straordinaria tecnologia i produttori e i fruitori sono in grado di testare il progetto finale prima che venga realizzato, individuandone punti di forza e criticità. Il virtual commissioning funziona perché permette di realizzare diagnosi precoci e modificare i singoli applicativi per ottenere un risultato soddisfacente al 100%. Eseguendo test in un ambiente virtuale si possono migliorare le caratteristiche della macchina prima che venga messa in produzione.

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Virtual commissioning: tecnologia

Si parte da un progetto realizzato con una tecnologia 3D che tiene conto della struttura dove verranno collocate le macchine e delle sue criticità. Poi il progetto prende in considerazione gli ingombri delle singole macchine, le strutture che le compongono e che le devono sostenere: tutto questo viene analizzato in un ambiente protetto, che è quello virtuale.

Attraverso il virtual commissioning si possono simulare sequenze di moto e segnali I/O attraverso una mappazione con controllo. Una volta realizzato il progetto, si eseguono i test per correggere gli errori di automazione anticipando la corretta messa in produzione e mostrando già il progetto montato.

Viene quindi realizzato un “Digital Twin” della macchina con tutte le sue caratteristiche finali e le sue funzioni testate e implementate in modo da ottenere un gemello virtuale identico al futuro originale prodotto. Ci si avvale di due diverse architetture:

  • Software-in-the-loop che si avvale di un simulatore PLC (PLC Advanced);
  • Hardware-in-the-loop che serve a connettere il modello virtuale ad un sistema di controllo, che simula la soluzione finale da proporre.

In questo modo si identificano con maggiore facilità gli errori e si implementano ulteriori funzionalità, che magari inizialmente sono state trascurate. Le soluzioni simulate attraverso questo modello meccatronico sono poi reinserite all’interno del gemello reale con risultati positivi in termini di produzione e risparmio.

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Virtual commissioning: applicazioni

Avvalersi del Virtual Commissioning è una scelta ponderata e ottimale per tutte le aziende che utilizzano macchine ad elevata automazione in qualsiasi ambito dell’industria 4.0 perché garantisce un migliore bilanciamento tra grossi investimenti economici e rischi. Questo perchè limita gli eventuali danni in caso di errori in fase di realizzazione dell’impianto. L’utente ideale che si avvale di Virtual Commissioning fa parte dell’industria manifatturiera e ha necessità di produrre dispositivi di controllo (PLC, Motion Control o CNC) o strumenti industriali o impianti di produzione.

Le aziende che decidono di avvalersi del virtual commissioning hanno due elementi in comune:

  • Necessitano di aspettative e dati realistici sul modello, sulla sua accuratezza e sui requisiti che può soddisfare;
  • Oltre ad un progetto di investimento molto preciso hanno bisogno di un piano di introduzione graduale di processi, dove quelli che forniscono il miglior ROI vengono implementati per primi, tracciando una direzione grazie ai primi dati di valutazione.

Tenendo conto di tutto questo appare chiaro che lo sforzo e l’investimento nel modello tridimensionale sono giustificati più facilmente e ripagano già nell’immediato, rendendo gli ambiti di applicazione del virtual commissioning nell’industria 4.0 praticamente universali.

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Virtual commissioning: vantaggi

Vediamo ora a definire con precisione quali possono essere i vantaggi del virtual commissioning. Questo sistema permette di:

  • Ridurre considerevolmente i tempi di sviluppo: la fase di debug viene fatta prima che la macchina realizzata;
  • Evitare colli di bottiglia ed errori di scheduling, abbattendo il costo di produzione e migliorando il sistema nella sua totalità, con l’obiettivo di favorire la qualità e il time to market del prodotto finito;
  • Competere in un mercato dinamico, affollato e competitivo (anche nel caso di piccole e media imprese);
  • Fornire un aiuto concreto alle aziende nel processo di decision making con tutte le conseguenze che ciò comporta;
  • Controllare la sicurezza dell’impianto e migliorare le condizioni del lavoratore che utilizza la macchina;
  • Analizzare l’efficienza di un applicativo prima che venga prodotto per individuare i malfunzionamenti prima che ci sia uno stop della produzione. Ovvero una sorta di manutenzione predittiva prima che il progetto venga messo in opera.

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Telecontrollo: come funziona e come integrarlo nell’automazione

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Nel paradigma di Industria 4.0 è fondamentale avere sempre i migliori dispositivi e strumenti disponibili sul mercato. Grazie all’innovazione tecnologica è possibile migliorare le condizioni di lavoro negli ambienti produttivi, ottimizzare la qualità del lavoro e garantire la sicurezza dei lavoratori. In questo contesto, il telecontrollo gioca un ruolo basilare in termini di sviluppo e raccolta dati ed è importante comprenderne il funzionamento e le dinamiche per raggiungere il pieno controllo della produzione in tutte le sue infinite sfaccettature.

Si tratta di specifiche tecnologie che, basandosi su strutturati sistemi di controllo, permettono di organizzare macchine e processi, riducendo considerevolmente l’intervento umano e la possibilità di un eventuale errore. Sono tecnologie che consentono l’automazione di operazioni ripetitive o complesse, garantendo una assoluta precisione e, di conseguenza, una facilitazione nel perseguire gli obiettivi prefissati.

Cos’è, però, nello specifico il telecontrollo? Come funziona e soprattutto, in quali ambiti può essere applicato per ottenere il massimo rendimento?

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Telecontrollo: cosa è

Delineare le caratteristiche specifiche del telecontrollo non è semplice, dovendone dare una definizione il più possibile accurata, dovremmo dire che si tratta di un sistema di automazione strutturato sulla base di un interscambio di informazioni fra una periferica e un centro di controllo distanti tra di loro. Il flusso di dati è sempre bidirezionale, permettendo in questo modo al centro di controllo di intervenire sulla periferica. In questo senso risulta chiara la presenza di una struttura gerarchica che permette la raccolta di dati e li rende disponibili all’operatore centrale.

Si tratta di una scelta fondamentale per lo smart manufacturing, all’interno del quale i servizi e le tecnologie ad essi correlati consentono un monitoraggio da remoto, oltre all’effettiva ottimizzazione dei processi produttivi industriali.

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Sistemi di telecontrollo: come funzionano

I sistemi di telecontrollo consentono:

  • La raccolta e l’analisi di dati delle periferiche;
  • L’archiviazione degli stessi;
  • Il controllo della produzione a distanza;
  • La gestione di emergenze da remoto per evitare lo stop produttivo;
  • La servitizzazione.

A svolgere un ruolo fondamentale nel sistema di telecontrollo sono la gerarchizzazione e i sensori, che vengono integrati all’interno degli impianti che necessitano una supervisione e ne monitorano l’andamento attraverso l’acquisizione di dati che vengono poi trasmessi al sistema centrale. Questo svolge l’effettiva azione di controllo. Si possono ricavare informazioni di enorme rilevanza a breve e lungo termine, portando ad un effettiva ottimizzazione dei processi produttivi.

Telecontrollo: vantaggi

I vantaggi sono molteplici:

  • Riduzione considerevole dei costi, aumentando in parallelo i profitti;
  • Diminuzione degli sprechi, attraverso un azione di correzione delle inefficienze;
  • Anticipazione degli interventi attraverso la manutenzione predittiva;
  • Generazione di nuove opportunità grazie alla spinta allo smart manufacturing;
  • Ottimizzazione della produttività attraverso l’acquisizione di dati altrimenti inaccessibili.

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Applicazioni dei sistemi di telecontrollo

I sistemi di telecontrollo sono particolarmente diffusi: vengono utilizzati in ambito utility e all’interno dell’industria 4.0, oltre che nella realizzazione di moderni edifici costruiti secondo i dettami della building automation, per ottenere un controllo efficiente dei consumi energetici. L’applicativo più noto e diffuso è quello dell’analisi dell’inquinamento da polveri di un qualsiasi processo produttivo, anche in ragione della normativa vigente. I sensori trasmettono i dati alla centrale di controllo che li analizza e, attraverso un fast check, comprende se è necessario o meno un intervento diretto.

In questo modo viene tutelata non solo la sicurezza ambientale ma anche quella del lavoratore che opera all’interno dell’impianto. Scendendo sempre più nello specifico, gli esempi di applicazione sono molteplici, qui vengono forniti solo alcuni esempi:

  • La viabilità (attraverso il controllo e la gestione dei semafori);
  • L’illuminazione degli ambienti privati e pubblici;
  • La depurazione acque reflue e in generale tutti gli impianti legati al servizio;
  • Il controllo dell’energia per una gestione efficace dei consumi (compreso il riscaldamento);
  • Il metering.

Qual è il rapporto tra telecontrollo e automazione

Il telecontrollo, come si accennava precedentemente, è a tutti gli effetti un sistema di automazione perché permette, attraverso la raccolta di dati dalle unità periferiche, una effettiva gestione da remoto di problematiche e di anticipazione delle stesse, tale da limitare gli sprechi produttivi e ottimizzare i controlli di gestione, anche attraverso la manutenzione predittiva.

Il tutto può essere sintetizzato in due processi, tipici proprio dell’automazione:

  • La raccolta delle informazioni grazie ai componenti hardware, presenti all’interno dell’impianto.
  • La supervisione mediante un software che riceve i dati dai sensori e li trasmette al sistema centrale. Il software è anche incaricato di segnalare eventuali problematiche che richiedono un intervento nel breve o lungo termine.

Con il telecontrollo il cliente finale investe in un’infrastruttura di comunicazione, realizzabile attraverso supporti fisici di diversi materiali (il più diffuso è la fibra ottica), vettori radio e una rete di trasmissione. In questo modo ottiene l’integrazione di un sistema che rivoluziona la produzione non solo in termini di sicurezza, ma soprattutto di costi.

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Data logger: lo strumento, come sceglierlo ed applicazioni

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L’attività di raccolta dati, prima dell’era della digitalizzazione, era un’operazione lenta, manuale, e soggetta ad errore umano. Oggi non è più così, perché la parte più lunga, ripetitiva, e che richiede maggiore precisione è oggi affidata ai data logger. Infatti, la densità di dati che possono raccogliere questi dispositivi è difficilmente ottenibile tramite un lavoro umano.

Datalogger – significato

Spieghiamo ora Datalogger – significato. Il datalogger (in italiano “registratore di dati”) è uno strumento elettronico, funzionante a batteria. Ha la funzione di rilevare e registrare informazioni, ad intervalli definiti dall’operatore, per rendere agevoli e veloci le operazioni legate ad esse.

A livello hardware, il data logger può presentarsi sotto forma di scheda plug-in o di scheda di comunicazione seriale, lavorando quindi in tandem con un personal computer per elaborare e raccogliere i dati. Sono usati soprattutto in ambito industriale e professionale.

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Data logger: come funziona

Le fasi di lavoro dei datalogger sono essenzialmente tre:

  • Rilevazione dei dati tramite un sensore.
  • Raccolta delle informazioni tramite una memoria interna.
  • Trasmissione dei dati a un dispositivo esterno.

Il datalogger è uno strumento che lavora in autonomia, se il setting iniziale è corretto.
La configurazione iniziale è quindi una fase strategica che è meglio far condurre ad esperti di Automazione.
I periodi in cui il data logger dovrà raccogliere i dati e i momenti di analisi di questi dati, vanno programmati con una cadenza periodica decisa dall’operatore, ottimizzata rispetto alla funzione.

Segue poi la fase nella quale il datalogger registra i dati. Per una registrazione corretta, bisogna posizionarlo in un punto strategico e soprattutto progettare intervalli di tempo idonei al tipo di analisi che si ha intenzione di svolgere in seguito.

Il data logger registra e archivia periodicamente dei parametri grazie al suo microprocessore interno e può captare diversi tipi di segnali.

I dati vengono infine trasmessi al software sotto varie forme, che variano a seconda del modello:

  • Tramite cavo USB.
  • Lungo la rete wi-fi.
  • Per mezzo di un cavo seriale.

Il dato viene riportato tramite l’ausilio di tabelle e grafici, in modo che si possa fare una lettura d’insieme, mettendo il dato in relazione ai precedenti e ai successivi, e facendo un’analisi che tiene presente l’evoluzione dei parametri.

Data logger: sceglierlo nella maniera corretta in base alle prestazioni

Le prestazioni da tenere sotto controllo prima della scelta sono:

  • Ripetibilità.
  • Quantità di canali.
  • Precisione del sensore e affidabilità delle misurazioni.
  • Qualità del software.
  • Batteria di lunga durata e velocità di ricarica.
  • Capacità di tenere memoria dei dati anche senza fonte elettrica.
  • Canali di trasmissione delle informazioni.
  • Dimensioni.
  • Impermeabilità.

Per scegliere il datalogger corretto bisogna prima valutare il tipo di parametri ambientali che si desidera rilevare ed analizzare, vista la varietà di misurazioni possibili con questi dispositivi. Bisogna tenere presente che alcuni data logger sono specializzati nella lettura di alcuni dati in particolare: ad esempio, alcuni datalogger sono specializzati nel rilevamento delle temperature, altri in quello dell’umidità, altri ancora in quello della pressione.

Sono tanti altri i dati che un data logger può analizzare e tenere in memoria: la quantità di luce, la tensione, l’intensità del suono, la variazione di corrente, oppure ancora di acidità e la quantità di anidride carbonica.

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Datalogger: prendere in considerazione l’utilizzo effettivo

Quando consideriamo di prendere un datalogger dobbiamo considerare l’utilizzo effettivo. Per esempio se stiamo monitorando la temperatura di un ambiente interno di un edificio occorre precisione elevata ma non ai massimi livelli; cosa invece fondamentale se stiamo monitorando un ambiente dove viene conservato un prodotto che deperisce sopra una certa temperatura.

Inoltre, per gli utilizzi professionali, è preferibile un data logger che mantenga il salvataggio dei dati anche se non alimentato dall’elettricità, anche per lunghi periodi: soprattutto se l’utilizzo è previsto in un luogo isolato ed è quindi necessaria un’operatività molto lunga. A questo proposito, meglio preferire un modello che segnala quando la carica della batteria sta scendendo ed è quindi necessario ricaricarla.

Un altro aspetto importante riguarda la comunicazione col software: può essere utile dotarsi di un datalogger che comunichi con il computer e quindi col software anche in modalità wireless, per rendere più agevole il trasferimento dei dati, rispetto a quello tramite usb. Infatti, il wi-fi consente risparmio di tempo, una migliore velocità di trasmissione di dati.

Un altro parametro importante è quello delle dimensioni, tenendo presente che maggiori dimensioni comportano manualità inferiore, ma maggiore capacità di archiviazione.

Applicazioni: data logger temperatura e umidità

Due applicazioni frequenti dei datalogger sono quelle di rilevazione ed analisi della temperatura e dell’umidità. Infatti, una delle applicazioni più frequenti è quella relativa al settore meteorologico, oltre all’ultilizzo nelle celle frigorifere e nelle serre.

Altre appplicazioni per data logger relative a temperatura e umidità le troviamo nella logistica. In questo settore è necessario assicurarsi che le condizioni ambientali citate siano adatte alla buona conservazione delle merci: per tale motivo sono preferiti strumenti in grado di rilevare questi due parametri simultaneamente.

L’efficienza energetica che si ottiene interpretando correttamente i dati rilevati e applicando eventuali correttivi, è un fattore fondamentale nell’automazione industriale perchè garantisce la riduzione degli sprechi in impianti di medio-grosse dimensioni e, di conseguenza, l’impatto ambientale.

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Interfacce HMI: cosa sono, caratteristiche ed esempi

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La Human Machine Interface è un’interfaccia che permette un dialogo tra l’uomo e la macchina. Solitamente composta da un input e un output, è un sistema complesso che semplifica la vita delle persone attraverso una serie di applicativi che rendono possibili azioni quotidiane che fino a pochi anni fa erano considerate fantascienza.

L’HMI è il mezzo attraverso il quale si verifica una comunicazione efficiente con impianti industriali nel contesto di progetti strutturati. In questa breve guida ne delineeremo le caratteristiche per approdare ad esempi di applicazione lungo la linea di produzione.

HMI – significato

Partiamo col declinare la sigla HMI – significato: Interfaccia Uomo Macchina (letteralmente Human Machine Interface). Questa indica tutti i sistemi strutturati in modo da permettere un dialogo tra le persone e le macchine. L’esempio più semplice è uno smartphone dotato di touchscreen: possiede un input che permette all’uomo di inviare un ordine alla macchina e un output che permette alla macchina di dialogare.

In questo campo un ruolo di primaria importanza è esercitato dall’accessibilità e dall’usabilità che trasformano un dispositivo potenzialmente criptico in uno user-friendly. Ogni HMI ha le sue caratteristiche individuali che la rendono unica nel contesto del settore in cui opera come quello della building automation.

In generale, la relazione tra hardware e software consente di ottimizzare il lavoro da svolgere in qualsiasi settore. La relazione tra uomo e macchina, se funzionale, può portare enormi vantaggi in termini di produzione e di risultati, ma attenzione perché molto dipende dalla scelta dei componenti corretti da utilizzare. Con l’avanzare degli anni queste strutture diventano sempre più complesse e conoscerne le caratteristiche può aiutare moltissimo nella realizzazione di un progetto con performance superlative.

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Interfacce HMI: caratteristiche

Le interfacce HMI trovano diverse applicazioni in ambito industriale. Un dispositivo con interfaccia uomo macchina permette ai dipendenti la visualizzazione e il controllo delle applicazioni legate a diversi tipi di macchinari, appoggiandosi a I/O, SoftPlc CoDeSys o Ethercat. Tutto ciò permette un’efficientamento dell’ambito lavorativo.

La base sono i due sistemi di input e output che vengono integrati con lo SCADA (Supervisory Control And Data Acquisition) che ha il compito di interagire con i controllori a logica programmabile (PLC) e i sensori per prendere e inviare tutte le informazioni utili alla produzione. Solitamente il sistema viene provvisto di uno schermo che riproduce una rappresentazione grafica delle azioni che si stanno svolgendo e del tempo che occorre per portarle a termine.

In questo senso la tecnologia non viene utilizzata solo per ottimizzare tempi, materiali e costi di produzione, ma anche per semplificare azioni molto complesse con l’obiettivo di ridurre l’errore umano potenziando l’expertise dei dipendenti con un sistema strutturato e testato. A seconda della destinazione del sistema con cui gli operatori devono interfacciarsi può cambiare la forma in qualità di veste grafica, ma i componenti essenziali risulteranno sempre integrati in una struttura determinata.

Pannello HMI: vantaggi

Le interfacce HMI rappresentano una tecnologia innovativa sotto molti punti di vista e portano moltissimi vantaggi alle aziende che le inseriscono nelle catene di produzione. Ecco i vantaggi del pannello HMI:

  • Gli errori sono considerevolmente ridotti grazie alla possibilità di visualizzare in qualsiasi momento le informazioni corrette dei processi sullo schermo.
  • Il funzionamento e il controllo delle criticità di una macchina sono sempre a portata di clic.
  • La struttura ha dimensioni ridotte grazie ai sensori di input e output e in generale all’HMI in SCADA.
  • Se non la si apprezza, si può modificare l’interfaccia semplicemente mettendo mano al software HMI.
  • Il touchscreen permette di non interagire necessariamente in maniera diretta con la macchina. Quindi il monitor può essere sfruttato come strumento di controllo della macchina con evidenti vantaggi in termini di prevenzione di incidenti sul posto.
  • Tutte le informazioni utili per potenziare la produzione sono all’interno della stessa struttura e consultabili in qualsiasi momento.
  • Il pannello HMI è semplice da utilizzare e intuitivo: servono competenze specifiche che possono essere acquisite attraverso uno studio complessivo dello strumento a seguito di formazione aziendale.

In generale le interfacce HMI semplificano il lavoro di produzione, raccogliendo le informazioni e automatizzando sistemi complessi: sono pratiche e funzionali, di dimensioni ridotte e dotate di touchscreen sensibile ma pratico.

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Interfacce HMI: esempi di applicazioni

L’ambito applicativo di carattere maggiormente innovativo per le interfacce HMI è da ricercare nella realtà aumentata e nella realtà virtuale. Se le macchine di una linea produttiva sono connesse nel mondo digitale si può creare un “digital twin” ovvero un “gemello digitale” delle stesse e delle HMI che le supportano. L’operatore è quindi in grado di entrare nel cyberspazio per interagire con diversi scopi: training su un determinato dispositivo, ispezione delle componenti per simulare una manutenzione da effettuare poi concretamente e molto altro.

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